Cu’ c’è sutta di Giovanni Camerota (da Sorce Cocuzza)

 

In un volume del secolo scorso “Viaggio in Spagna” di Davillier, illustrato da Gustavo Dorè, a pagina 402, laddove si parla della sporcizia di Madrid a quel tempo, è detto tra l’altro: “Non avendo le case certi luoghi comodi, si butta per tutta la notte dalle finestre ciò che non osiamo nominare, di maniera che chi passa per le vie ne viene travolto, inondato da capo a piedi e, benché si sia profumato prima di uscire di casa, è costretto di ritornarvi al più presto per cambiarsi d’abito”.

E più in là: “A Madrid si aveva almeno la cura di avvertire la gente con un grido ben noto: Agua va! (Bada all’acqua!)”…..

 A Mussomeli, invece di “Agua va!”, si gridava “Cu’ c’è sutta?… Ma il significato era lo stesso; entrambe le espressioni segnavano un pericolo.

“Cu’ c’è sutta?” (Chi c’è sotto?). Erano parole che si potevano sentire ancora la sera, cinquant’anni fa circa; provenivano di solito da qualche casa non fornita ancora di servizi igienici e precedevano quasi sempre il lancio nella via del contenuto maleodorante di qualche pitale. Chi, come me, è carico di anni si ricorderà di ciò.

 A volte il lancio era contemporaneo all’avvertimento e il malcapitato che si trovava a passare in quel momento di lì, se ne tornava a casa sacramentando a più non posso. Ricordo che una sera ci incappai anch’io, insieme ad un amico , mentre andavo a ballare. Entrambi giovincelli, ancora imberbi, avevamo trascorso l’intero pomeriggio a impomatarci per il grande evento. Alla fine, capelli lucidi di brillantina e i pantaloni così ben stirati che anche vuoti sarebbero rimasti in piedi, ci avviammo fischiettando al gran “galà”!

Ma, nell’attraversare un vicoletto semibuio che avevamo imboccato per far più presto, sobbalzammo entrambi nell’udire quelle parole; cercammo di metterci da parte, ma invano, ché la fetente “doccia” c’investiva già.

Fortunatamente (si fa per dire), fummo “irrorati” dalla cintola in giù; ma il danno fu grande lo stesso, ché tutti i nostri progetti andarono in fumo.

Imprecammo contro chi aveva richiuso all’istante quella finestrucola e, adirati, perché non ci avevano chiesto neanche scusa, improvvisammo una sassaiola riparatoria.

Fummo costretti a desistere quando udimmo un rumore di vetri infranti, ma, soprattutto, le bestemmie di un tale che sembrava anche malintenzionato.

Ce ne tornammo a casa mogi mogi ed amareggiati, con  l’eco di quelle parole nelle orecchie. 

Da uno scritto di Giovanni Camerota tratto dal libro di Maria Sorce Cocuzza
LA GUERRA E IL DOPOGUERRA NEL RICORDO DEGLI ANZIANI
gentilmente regalato al sottoscritto (Volume I Capitolo – II pagine 25 e 26)

Per saperne di più su Giovanni Camerota vi invitiamo a consultare la scheda in Bibliografia Mussomelese

Piero Ciccarelli, Mussomeli, Caltanissetta, Sicilia

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Scritto da: Ciccarelli_Piero - il 27 febbraio 2011 - Categoria: Recensioni mussomelesi - Nessun Commento -

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