La guerra di Calò di Giuseppe Messina

 

La porta della camera palpita con uno scricchiolio leggero. Forse è un soffio di vento, un semplice risucchio d’aria di queste inquiete notti di primavera. Forse è invece lei che è entrata, con passo silenzioso, e adesso sta avvicinandosi alla poltrona di Drogo. Facendosi forza, Giovanni raddrizza un po’ il busto, si assesta con una mano il colletto dell’uniforme, dà ancora uno sguardo fuori dalla finestra, una brevissima occhiata, per l’ultima sua porzione di stelle. Poi nel buio, benché nessuno lo veda, sorride. (Dino Buzzati)

Ogni fantasia di Calò sembra trovare la sua realizzazione lontano dal suo ovile che l’ha visto crescere, lontano dalla petraia che l’ha custodito in attesa dell’amnistia, con accanto la sua donna da amare nella buona e nella cattiva sorte. Invecchia senza rimorsi e nostalgie, con qualcuno cui raccontare, di tanto in tanto, la sua storia di aviere di terra in una guerra senza senso. (Giuseppe Messina).

Due finali di uno stesso libro? Cosa accomuna Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati e La guerra di Calò di Giuseppe Messina?

Non sembri irriverente l’accostamento fra lo scrittore veneto e il siciliano Messina, ma entrambi con stile e parole diverse, come d’altronde è giusto vista la collocazione temporale e logistica dei due autori, raccontano lo stesso dramma. Giovanni Drogo e Calò partecipano a una guerra inutile, come inutile sono tutte le guerre. Ma mentre per Drogo, dopo tanta attesa arriva la “morte”, per Calò, il protagonista del romanzo di Giuseppe Messina arriva la pace e la prospettiva di una vita serena. Mussolini, l’Impero, Badoglio, il fascismo cosa hanno a che spartire con la bucolica serena giornata del pastore Calò, intendo al suo intenso lavoro in campagna.

Carolina precetto, Battipaglia, Potenza, Gioia del Colle, un aeroporto seminascosto in cui non succede mai niente e l’eco della guerra che arriva come messaggi lontani. Calò obbedisce ai superiori, fa amicizie e sogna la sua campagna e gli occhi di una ragazza che ha visto brillare e che sarà sua moglie. Poi tutto si scatena, arriva l’8 settembre del ’43, lo sbarco a Salerno, l’armistizio, Cassibile, gli alleati e i colliberanti e una licenzia del capitano che spalanca le porte verso la meta: la masseria di Sparacio e Giovanna.

Chilometri e chilometri da percorrere a piedi, con mezzi di fortuna e i tanti personaggi comprimari tutti buoni, tutti generosi, tutti disposti ad aiutare l’immensa pletora di sbandati che percorrono l’intera Penisola. Bisogna guardarsi dai tedeschi, dai repubblichini e dagli americani. Calò è un “pecoraio” aduso a dormire sotto le stelle e nulla lo scompone. Niente paura, solo prudenza e poco di intraprendenza che sarà preziosa affinché Calò giunga a casa sano e salvo.

Calò come antieroe o eroe?

L’uno e l’altro. Vive avvenimenti più grandi di lui e ne diventa, suo malgrado, protagonista, come lo sono stati: i soldati, i fascisti, i tedeschi, gli americani, i partigiani e le famiglie italiane. Dopo 65 anni ha senso scrivere ancora della Seconda guerra mondiale? Agli storici le ricerche e agli scrittori i racconti; anche la storia, solo apparentemente semplice, di un picuraru ancora ‘mpastatu da puzza di l’armari.

Per saperne di più su Giuseppe Messina vi invitiamo a consultare la scheda in Bibliografia Mussomelese

Piero Ciccarelli, Mussomeli, Caltanissetta, Sicilia

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Scritto da: Ciccarelli_Piero - il 27 febbraio 2011 - Categoria: Recensioni mussomelesi - Nessun Commento -

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