U sceccu (asino) mussomelese e u mulinaru (mugnaio) di Mussomeli

Nei primi anni del 1900 sino agli anni ’60 a Mussomeli, cittadina agricola, gli asini per i poveri cristi, avevano un’importanza vitale.

Si può affermare che tra gli asini e i poveri padroni c’era un afflatus straordinario. Quasi una convivenza forzata. Si volevano un bene da matti. L’uno non poteva vivere senza l’altro.

Se il padrone non aveva l’asino non poteva carriare materiali (trasportare materiali) per i muratori, oppure ortaggi ed altre cose.

Così l’asino aveva bisogno di lavorare, se voleva mangiare!  Se non sgobbava, il fieno e le fave secche se li poteva scordare.
Tutti giorni Cicciu (1), il nostro asino protagonista, col suo padrone, Turiddu (2) u Mulinaru, facevano il giro del paese. Cicciu, con la campana al collo camminava avanti e il padrone dietro avviandosi per quelle straducce della cittadina in cerca di qualche cliente che avesse grano da macinare. Il loro lavoro consisteva nel rilevare i sacchi di grano dal domicilio dei clienti, per portarli al Pastificio Maria Santissima dei Miracoli (uno dei più importanti della Sicilia) ove c’era anche un mulino, o più raramente in altri mulini del paese, per poi riportare gli stessi sacchi pieni di farina ai propri padroni. Le clienti, sentendo la campana, si facevano trovare col sacco pieno di grano già pronto sull’uscio di casa, e u Mulinaru li caricava sul suo vecchio asino senza pietà dopo aver ringraziato Dio per la provvidenza arrivata. Al contrario Cicciu, non ringraziava nessuno…per la rabbia mostrava al padrone quei pochi denti rimastigli …pensando anche alla poca compassione che Turiddu nutriva per lui. Entrambi erano accomunati dalla disgrazia delle strade che non erano in piano ma irte e tortuose, come in tutti i paesi di montagna.

Un giorno, sfortunanatamente per l’asino, le signore clienti (gli uomini erano troppo occupati per altre faccende affaccendati)  divennero tante e Cicciu si trovò un bel peso da portare al mulino (che si trovava a sud del paese).
La via più corta per il mulino era scoscesa e sassosa: uno stradone bianco pieno di pietruzze taglienti come quelle del Carso ed anche i muli che tiravano i carretti facevano fatica a salire. Per il povero asino quella strada fino al mulino era un calvario: sia a scendere che a salire.
Camminando, la povera bestia si chiedeva spesso, perché avessero costruito il mulino così in basso.
Si dava sempre la stessa risposta: per torturarlo.

Così un giorno, strada facendo, dopo Passu di Musca nel salire l’acchianata di San Caloriu, (la salita di San Calogero) caricato di farina, si sentì oltremodo appesantito e fermandosi sul ciglio del burrone di una piazzola, che ben conosceva, gli venne la tentazione di buttarsi da lì… giù nel torrente con tutta la farina che aveva sulla groppa.
U Mulinaru, vedendolo sostare più del consueto, cominciò a sgranare il rosario:
Adesso ti guardi pure il panorama!… Vuoi il binocolo per vedere più lontano?…Fai pure il turista eh?…Ti porto a Taormina o vuoi andare a Venezia?… U capisci o no che più viaggi facciamo più guadagniamo?Alcuni passanti nel sentire quel poveraccio del mugnaio si incuriosirono e cominciarono a godersi gratis lo spettacolo. U Mulinaru, esasperato, iniziò a frustare il povero asino che si intestardì come un mulo (notare la differenza) e non volle più camminare. Il Mugnaio, innervosendosi ulteriormente, aumentò la dose fra le risate dei presenti. Era una scena tragi-comica che fotografava bene la miseria di due poveri disgraziati legati da un unico destino ma, con interessi contrastanti.
Tutto quel trambusto destò l’attenzione di una coppia di carabinieri che passava di là per un normale giro di controllo. Vedendo la misera scena, dopo aver fatto smettere u Mulinaru di picchiare e pungere l’asino, già sanguinante, il brigadiere gli chiese i documenti dicendogli:
La denunciamo per maltrattamento di animali.
Signor brigadiere…intanto l’animale è uno… u sceccu… ed è pure mio e gli faccio quello che mi pare!
Se non state zitto, zzì Turiddu, vi denuncio per resistenza a pubblico ufficiale.
Ma che resistenza a pubblico ufficiale…semmai sottufficiale… brigadiè… sottoufficiale.
Anche carabiniere semplice ! Il fatto è che vi denunciamo punto e basta !
Giusto – risposero le persone che prima non avevano mosso un dito per non far picchiare l’asino - agli animali non si toccano. E così dicendo se ne andarono sdegnati lasciando quei poveri diavoli (Cicciu e u Mulinaru) né in cielo né in terra.
Venne il giorno della causa, allora c’era la Pretura a Mussomeli, la notizia si sparse come l’aria, l’aula era gremita di curiosi più asini di Cicciu, pronti a ridere delle pene altrui. Come se loro fossero angioletti.
Salvatore Baccalà di anni quaranta, detto il Mugnaio, di professione non ben definita, siete imputato per aver frustato e torturato il povero asino che vi ha servito fedelmente per quasi vent’anni!… Vergognatevi! Non si dà il ben servito con la frusta o con pungoli ad una povera bestia indifesa. Considerando la vostra povertà,  nominatevi un avvocato d’ufficio !
Signor Giudice, non voglio nessun avvocato…neanche a pagamento…ci mancherebbe, sarei fritto. Perderei di sicuro… Si sa che gli avvocati…
Ditemi allora…vi par giusto picchiare un povero asino?… perché lo avete fatto?
Perché, signor Giudice, non potevo mai immaginare che il mio asino avesse così tanti parenti in questo paese per difenderlo, specialmente in quest’aula di tribunale. Io ormai col mio asino paci fici… nni vuliamu beni.
Tra le lacrime, per il tanto ridere, il buon Giudice perdonò l’impertinenza assolvendo il Mugnaio il quale se ne tornò pentito a casa per consolare il suo Cicciu amico di sventura.

L’indomani accuminciaru arrieri da capu.

Questo è un racconto di fatti realmente accaduti: si nun ci criditi fatti vostri sunnu.

1) Cicciu nome comune che in Sicilia si dava agli asini.
2) Salvatore Baccalà detto impropriamente il Mugnaio.

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Scritto da: DiGiuseppe_Calogero - il 1 maggio 2011 - Categoria: Quannu mi chiamavanu Caluzzieddu ! - Nessun Commento -

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