A villeggiatura

 

Nel mese di giugno, alla chiusura delle scuole, per la famiglia di Pitruzzu arrivava il giorno del trasferimento da Palermo a Mussomeli per trascorrere “unni c’è l’aria fina” le vacanze scolastiche.

Oggi sembra tutto facile : un portabagagli sul tetto pieno di valige, zaini più o meno usati, delle coperte pronte ad essere buttate dopo l’uso per non rovinare il tetto della macchina e via verso la casa del paese o meglio il villino.
Ma alla fine degli anni ’50 e nei primi anni ’60 il trasloco avveniva con la corriera. Partenza alle 14,00 da Piazza Magione e arrivo in paese ad un’ora X del pomeriggio, non meglio identificata.

Ma chi trasportava gli infiniti “colli” dalla casa di Palermo, a 800 metri da Piazza Politeama fino a Piazza Magione?

Facile la risposta: la carrozza guidata da un cocchiere (detto ‘gniuri) e fin qui niente di straordinario, se “u gnuri” non pretendeva cifre folli.
Allora il patteggiamento era “obbligatorio”. Ogni cocchiere un prezzo diverso, alla fine ci si metteva d’accordo, fra la non soddisfazione di entrambi. Di mia madre che sperava di pagare di meno e “u gnuri” che doveva rinunziare, alla fine della giornata di lavoro, a qualche bicchiere di vino in meno.
“Signura si nu vuoli pagari quantu ci addrumannavu, usamu u tassamitro”.
E mia madre di rimando: “Si guardi che Palermo la conosco e cerchi di prendere la strada più dritta”.
“See!!!, ora mi l’avà driri vassìa a strata, cuami se io vegnu da Nujorco”:
“Allora niente. Chiamo un altro cocchiere”.
“Berica e si stassi buona a u paise.”Rispondeva irato il cocchiere.
Batti e ribatti si partiva.
Poi in Via Carlo Porta, trovavi Tanino, il fattorino e anche uomo di fiducia e bigliettaio che ti aiutava a sistemare le valigie. Poi, il padrone della corriera, Mario Lanzalaco, che intratteneva i passeggeri con battute di spirito e motteggio vari e “sfottuta” di qualche amico.

Poi iniziava l’interminabile viaggio lungo la statale Palermo-Caltanissetta. La parte più bella era la lunga e salita su verso Vicari con una interminabile sosta. Mai compreso il perché. Quindi si scendeva e via verso il bivio Manganaro, Vallelunga e poi su verso Villalba, e il villaggio di Polizzello e via verso le vacanze.

Ma dopo Polizzello cominciavano a salire gli operai che lavoravano nella “Impresa Ferrara”, i cosiddetti “lagnusi”, perché avevano la fortuna di lavorare 8 ore al giorno e potevano permettersi il “lusso” di pagare il biglietto.

Ma fra caldo e sudore dei poveri operai l’aria all’interno della corriera diventava irrespirabile. Le signore si lamentavano per la “corrente”, ma appena si chiudevano i finestrini non si respirava letteralmente: dovevi trattenere il respiro per non sentire la puzza di sudore specialmente quello proveniente dai piedi.

Poi finalmente l’arrivo a Piazza Umberto e il buon Guatinu, fattorino senza tante pretese, ti portava a casa le otto-nove valige tutte sulle spalle. Ma di Guatino, mi riprometto di parlarne un’altra volta.

Per saperne di più su Pitruzzu Ciccarelli da Mussomeli vi invitiamo a consultare la scheda in Bibliografia Mussomelese

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Scritto da: Ciccarelli_Piero - il 27 febbraio 2011 - Categoria: Quannu mi chiamavanu Pitruzzu ! - Nessun Commento -

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