Paolo Giudici

 

Di Paolo Giudici, non sono riuscito ancora a trovare (neanche chiedendolo in prestito alla Biblioteca Regionale di Palermo) il suo miglior libro, Quadìa, terra di mori (romanzo, edizioni ALPES, Milano, MCMXXX – 1930, e successivamente ristampata nel 1968 da Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta – Roma con prefazione di Leonardo Sciascia). Mi sono affidato, quindi, al nostro grande Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989), critico e scrittore, che nel suo bellissimo saggio La corda pazza, scrittori e cose della Sicilia (Torino, Giulio Einaudi Editore, 1970), ne traccia un profilo letterario da par suo. Che poi ci sia una mia lontana parentela con lo scrittore, da parte di mia madre Terenzia Giudici, è tutto da dimostrare.

Ecco Leonardo Sciascia.
Paolo Giudici nacque a Mussomeli nel 1887. Era della famiglia di quel Paolo Emiliani Giudici (Mussomeli, 3 giugno 1812 – Hastings, 14 agosto 1872) autore di una delle primissime storie delle letteratura italiana, Storia delle Belle Lettere in Italia ( Societa Editrice Fiorentina, Firenze, 1844, pp. 1252 – Collezione Biblioteca dell’italiano 3)

L’autore di Quadìa, nazionalista, ardito e fascista. Questo particolare biografico – scrive Sciascia – non richiamiamo gratuitamente, ma per cogliere una fondamentale condizione prolifera e varia attività di questo scrittore, per il quale può valere l’avvertimento del Noventa (Giacomo Noventa, pseudonimo di Giacomo Ca’ Zorzi coetaneo e sodale del Giudici, prima aderente all’ideologia fascista, poi esule in Francia in attesa della caduta del regime nacque a Noventa di Piave nel 1898 e morì a Milano il 4 luglio 1960, poeta, saggista, scrittore e critico letterario) che riteneva fosse da correggere l’idea corrente , piuttosto sbrigativa e in un certo senso pericolosa, di un fascismo portato avanti dagli italiani peggiori (non è questa la sede per aprire un dibattito di tale misura sia di pensiero che storico, a noi interessa lo scrittore Paolo Giudici e le tematiche di Quadìa, nda).

In Quadìa – è nuovamente Leonardo Sciascia che scrive – la soluzione arriva più coerentemente: l’andar soldato, e in guerra, per Vanni Lo Manto che esce dal carcere e, tornando al paese, prende coscienza di quanto dolente, feroce e meschina sia la vita in quel luogo che pure è legato a memorie di momenti felici e di affetti; l’andar soldato è l’unica risorsa economica, sociale ed umana che il paese allora poteva offrire ad uno della sua condizione, poiché l’altra risorsa, di andarsene in America, non si prospettava a chi non aveva quel tanto da pagarsi la traversata.

Tre anni dopo Paolo Giudici pubblica il romanzo La tribù distrutta (romanzo di Omar El-Bedaui traduzione di Paolo Giudici, Augustea, Roma -Milano, MCMXXXIII – 1933, Tipografia Del Senato di G. Bardi), attribuendolo ad un arabo di nome Omar El-Bedaui * e dicendosene traduttore ed interprete: gustosa mistificazione.
Quadìa è – conclude Leonardo Sciascia – come il momento del focolare : un momento di compiuta verità, un libro che resta.

*Omar ibn Ghalib, o come comunemente è chiamato El Bedaui (il beduino), nacque nel 1305 dell’Egira (1887) a Bir Musciamula (il pozzo del nespolo), località situata a breve distanza dalla carovaniera che da Bassora conduce al Negid.

Per saperne di più su Paolo Giudici vi invitiamo a consultare la scheda in Bibliografia Mussomelese

Piero Ciccarelli, Mussomeli, Caltanissetta, Sicilia

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Scritto da: Ciccarelli_Piero - il 27 febbraio 2011 - Categoria: Recensioni mussomelesi - Nessun Commento -

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